Fra gli animali superiori, come l’Uomo, esiste un meccanismo fisiologico di apprendimento basato sull’equilibrio del sistema piacere-dolore. Questo meccanismo consente di apprendere ad esempio che una cosa può fare bene tramite la sensazione di piacere a cui rimanda, oppure al contrario che una cosa può fare male. Questa forma di apprendimento è infatti usata ad esempio con i cani, i quali vengono addestrati tramite ricompensa o punizione in base alla correttezza o meno dell’esecuzione del comando loro impartito.
Purtroppo l’essere umano sta minando gravemente questo equilibrio, infatti, a causa della sfrenata ricerca dello star bene e dell’evitare ogni qual si voglia sofferenza, la sensibilità al dolore è diventata altissima (basta un niente per darci dispiacere o fastidio), mentre quella al piacere è diminuita drasticamente (essere felici è sempre più difficile e appena lo siamo in breve subentra l’abitudine ed ecco che non ci basta più, vogliamo di più, sempre di più, entrando in una infinita e insoddisfacente corsa alla felicità).
Questo squilibrio moderno del sistema piacere-dolore non solo dà degli scompensi nell’apprendimento, ma soprattutto nell’effetto ultimo dello stesso, ovvero del vivere. Viviamo male e senza dubbio la maggior parte di noi è scontenta e cerca di sfuggire a questo strazio sforzandosi di trovare piaceri supplementari che facciano tacere il dolore, ma che inesorabilmente rimarrà lì perché non deriva da stimoli esterni ma da una condizione interna.
Dunque quale potrebbe essere una possibile risposta per una reale riappropriazione della felicità nelle nostre vite?
Molti etologi hanno lavorato proprio sul sistema piacere-dolore scoprendo, attraverso numerosi esperimenti, che al cessare di uno stimolo altamente gradevole o sgradevole non si ottiene uno stato neutro ma l’esatto opposto. Ad esempio se si toglierà il giocattolo preferito ad un bambino esso non smetterà di ridere ma piangerà. Così alcuni terapeuti, come Helmut Schulze, prendendo coscienza di questo gioco di equilibrio, curarono pazienti inclini addirittura al suicidio. Nel testo “Gli otto peccati capitali della nostra civiltà” di Konrad Lorenz, etologo, zoologo e filosofo (Vienna, 7 novembre 1903 – Altenberg, 27 febbraio 1989) leggiamo:
“Kurt Hahn ha riscosso grandi successi terapeutici portando in riva al mare giovani viziati e stanchi della vita e facendo loro prestare opera di salvataggio a persone che stavano per affogare. Molti dei giovani così trattati ottennero una vera guarigione perché il fatto di essere messi alla prova agiva direttamente sulla sfera profonda della loro personalità”
Questi giovani riscoprivano il valore della vita. Grazie allo stesso ragionamento è intuibile che la gioia è data al seguire della fine di una grande sofferenza, ad esempio dopo essere arrivati in cima ad una montagna al seguito di una faticosa e dolorosa scalata durata giorni o settimane. O stringere il proprio bambino dopo i dolori del parto.
Quindi dobbiamo traumatizzarci, essere naufraghi sopravvissuti o sopravvivere al suicidio per essere davvero felici? Gli esempi funzionano ma forse esiste un’altra via: tentare di prendere coscienza del problema e cercare di risanare l’equilibrio del sistema piacere-dolore. In sintesi cercare di essere meno sensibili alla sofferenza e tollerarla di più, ed essere più sensibili ai piccoli piaceri della vita trasformandoli in grandi.
Il fuggire il dolore e l’abituarsi al piacere è dato dal dover perseguire una vita che ci faccia star bene. Ma questo star bene non potrà dare gioia e felicità pura perché non ci rende soggetti agli imprevisti della vita ed ai loro superamenti, trasformando la vita in una noiosa tela bianca privata della bellezza del chiaroscuro.
Il mio personale consiglio è di avere meno paura della vita e soprattutto del dolore, della sofferenza. Essa ci è utile per imparare, crescere e soprattutto, una volta affrontata e sorpassata, ad essere felici. Una felicità non eterna, ma altalenante, giocata sul sistema piacere-dolore. Una felicità che parte da se stessi, dalle proprie azioni e dalla propria personalità, non più appoggiata esclusivamente agli stimoli esterni. Una gioia basata sul sistema di quella cosa che è la vita.
Bravo Dani!!! Hai affrontato con delicatezza e semplicità un tema complesso e molto attuale soprattutto nel mio ambito dove ogni giorno constato di persona la crescente paura del dolore e della sofferenza… grazie
Ti ringrazio per i complimenti 🙂
È in effetti un argomento molto delicato, ho provato ad affrontarlo al meglio.
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