Il 23 febbraio presso il supermercato Lidl di Follonica, due dipendenti sorprendono due rom a rubare nel container dei rifiuti e decidono di chiudere le due donne all’interno di questo; dopo ciò riprendono sé stessi e le nomadi rinchiuse e pubblicano il video su Facebook. Questo è il fatto, scevro di particolari e prese di posizione, che negli ultimi giorni ha interessato l’opinione pubblica e avviato un’indagine dei carabinieri nei confronti dei due dipendenti. Il web, primo fruitore del video contenente l’evento, si è immediatamente diviso tra coloro che ritengono legittima l’azione dei due dipendenti e coloro che invece ritengono che questi abbiano sbagliato; la discussione, come solitamente accade in questi casi, non è stata particolarmente edificante e si è infiammata con l’intervento e la presa di posizione da parte di personalità note all’interno dell’opinione pubblica digitale, quali Roberto Saviano, Saverio Tommasi o Matteo Salvini. Come è facile intuire il leader della Lega Nord si è schierato a fianco dei due dipendenti, mentre altri opinionisti, i soliti “buonisti di sinistra”, hanno sostenuto che si sia trattato di un vero e proprio sequestro di persona ai danni delle due donne.

Evitando giudizi affrettati su dove si trovi la ragione in questo caso e non volendomi pronunciare in questa sede sul modo di far politica di Salvini, vorrei proporre una analisi che ponga in evidenza due aspetti preoccupanti della vicenda, che dovrebbero far riflettere. Un primo aspetto su cui vorrei porre l’attenzione del lettore è la totale ingenuità e noncuranza nei confronti del sistema giuridico: i due dipendenti compiono quello che è chiaramente un reato (hanno rinchiuso due persone in un luogo impedendone la fuga) ma sembrano non esserne consapevoli, addirittura filmano il fatto e lo pubblicano su internet, come se fosse un video delle vacanze o di una serata fuori tra amici. Un comportamento così irresponsabile, che viene attuato ignorandone le conseguenze, ce lo si può aspettare da dei ragazzini; questi sono però due uomini adulti, già formatisi e con un ruolo attivo all’interno della società. Ci si potrebbe dilungare sul tema della scarsa educazione civica o della crisi dei valori morali, che pure sono aspetti fondamentali da prendere in considerazione, ma non vorrei che l’articolo fosse poi da riassumere con un generico “o tempora, o mores”. Vorrei prendere in esame l’ipotesi che i dipendenti del supermercato abbiano pensato di agire legittimamente rinchiudendo le due rom, come molti esprimendosi sulla vicenda hanno sostenuto. Ci rivolgiamo così al secondo punto della riflessione che si distacca dal piano della morale e del costume per prendere in considerazione la dimensione politica e giuridica.

Poniamo l’ipotesi che i due uomini, sorprendendo le donne a rubare, abbiano voluto “fare giustizia” e abbiano quindi formulato il seguente ragionamento “chi ruba deve essere rinchiuso, quelle donne stanno rubando, dunque possiamo rinchiudere quelle donne”. Il ragionamento prevede che, secondo giustizia, ci sia un reato a cui consegue direttamente una punizione e che dunque non sia importante chi esegua la pena. Se le due premesse del ragionamento sono corrette, la conclusione è invece drammaticamente errata, non solo da un punto di vista logico ma anche analizzando ciò che la loro azione comporta. I due dipendenti non stanno facendo giustizia, ma si stanno facendo giustizia, ovvero stanno facendo giustizia per sé stessi. La giustizia è però competenza esclusiva dello Stato e non è possibile attuarla per una limitata parte di popolazione; i dipendenti del Lidl si stanno quindi sostituendo alla giustizia, che è di competenza esclusiva dello Stato. Se si guarda ciò che è accaduto da un punto di vista più ampio, si potrebbe dire senza esagerazioni che il sostituirsi alla giustizia istituzionalizzata mina una delle fondamenta dello Stato. La teoria politica moderna e contemporanea è infatti concorde nell’individuare, tra i numerosi caratteri dello Stato, la sovranità come quello fondamentale. Questa si identifica con l’indipendenza da parte di influenze esterne (altri stati o organizzazioni nazionali e sovranazionali) nel determinare la propria politica e nella concentrazione di tutti i poteri politici nelle istituzioni. Max Weber, nella sua ricca e preziosa produzione, sostiene che l’elemento pregnante dello Stato e della sovranità statale sia il monopolio della forza legittima: questa espressione indica che lo Stato è l’unica entità del mondo politico ad essere legittimata nell’usare la forza e la coercizione. Il fatto che la forza sia monopolio dello Stato immediatamente ne delegittima l’uso da parte di tutti gli altri elementi appartenenti alla dimensione politica posti sotto la sovranità statale: questi sono i privati cittadini, ma anche aziende o organizzazioni di qualsiasi genere. Il monopolio della forza legittima ha una doppia utilità: impedisce che i cittadini ricorrano alla violenza per dirimere le proprie controversie, costringendoli a fare affidamento al diritto e ad un sistema giudiziario, e serve a rendere effettive le disposizioni delle autorità, che siano politiche o giudiziarie. Questa caratteristica è da imputare alla modalità con cui nasce il monopolio: secondo una tesi strettamente contrattualista, ogni individuo che fa parte dello Stato aliena la possibilità di usare violenza agli altri individui e la cede all’autorità, che dunque rimane l’unica entità ad amministrare la forza. L’incarceramento di un criminale, disposto da un tribunale, è dunque considerato legittimo, poiché è lo Stato ad attuarlo. Un sequestro di persona, non a scopo criminale ma come quello in questione, non è legittimo, poiché la coercizione è attuata da uno o più privati cittadini, che non possiedono più il diritto di usare la forza, che diventa così “violenza”. L’utilizzo di forza legittima da parte dello Stato è necessariamente limitato dalle leggi, rendendolo così anche legale (=in accordo alle leggi) e stabilendo dei limiti che, se superati persino dalle autorità, richiedono comunque un intervento. Se guardiamo il video girato dai due dipendenti-vigilantes, ci rendiamo conto che essi non possiedono alcuna autorità che legittimi la loro azione coercitiva nei confronti delle due ladre: non sono agenti delle forze dell’ordine, non sono pubblici ufficiali, non sono addetti alla sicurezza né si trovavano in pericolo, unica situazione di estrema necessità che legittima il ricorso alla violenza da parte di un privato per la propria difesa. Il monopolio della forza legittima concede infatti alcune eccezioni alla sua applicazione, ma si tratta spesso di punti in ombra da trattare con le pinze: la legittima difesa è appunto per definizione “legittima”, ma fino a che punto possa spingersi è ancora da discutere. Rimane accesa anche la discussione circa la legittimità della risposta violenta dei cittadini ad un intervento coercitivo dello Stato che sia ritenuto illegittimo o illegale (facciamo l’esempio di un corteo di protesta caricato dalla polizia). Un altro tema interessante, gettato qui come spunto di riflessione sul concetto di monopolio della forza legittima senza volerne trattare, è se si debba considerare legittima la forza utilizzata da quei gruppi che non riconoscono l’autorità dello Stato e vogliono modificare radicalmente le istituzioni e la forma dello Stato, ovvero se sia legittima l’azione rivoluzionaria.

Torniamo al fatto in questione e analizziamo dunque quali siano le colpe delle due parti in gioco. Le donne rom si trovavano all’interno di una proprietà privata senza autorizzazione e stavano rubando materiali di scarto ma ancora in possesso del supermercato: esse hanno commesso senza ombra di dubbio un reato e per questo devono essere indagate e processate. Anche i due dipendenti hanno compiuto un reato, per giunta più grave del furto, ossia il sequestro di persona e sarà necessaria una indagine e, dato che essi stessi hanno fornito la prova schiacciante, un processo con una condanna. Non si sono però limitati a questo: in maniera più o meno consapevole hanno deciso di sostituirsi alla giustizia istituzionalizzata e hanno attentato al monopolio della forza legittima e dunque allo Stato stesso. Violare il monopolio della forza legittima, eseguendo la pena senza averne l’autorità necessaria, significa violare la sovranità statale; questo è un crimine decisamente più grave che rubare o sequestrare una persona perché mina la base stessa del diritto e della giustizia. Se si lascerà impunito questo aspetto della loro azione, il grande supporto e la solidarietà che i due dipendenti hanno avuto potrebbero tramutarsi in tentativi di emulazione che non avranno altro risultato se non l’erosione del potere statale e dunque di ciò che compone lo Stato, noi tutti.