Comprendo che il titolo di questo articolo sembrerà ai più incomprensibile o quasi, dato che si tratta di linguaggio specificatamente filosofico, dunque si cercherà immediatamente di spiegare nella maniera più chiara possibile cosa si intenda con queste parole. Con il termine dualismo si intende una qualsiasi dottrina che presenti due princìpi opposti e separati nei quali tutto ciò che esiste deve in ultima istanza rientrare. Le concezioni dualistiche sono solitamente attribuite alle religioni come il manicheismo, lo zoroastrismo o il catarismo, per esempio, le quali ritengono che esistano due princìpi (il Male e il Bene) in eterna lotta tra di loro ma anche molte posizioni filosofiche cadono sotto questa categoria. La filosofia di Cartesio, per esempio, si configura come un dualismo che vede le due sostanze fondamentali, la mente e il corpo, opporsi costantemente in modo da essere irriducibili l’una con l’altra. Tutte le forme di dualismo ontologico, ovvero relative al piano ultimo della realtà e non ad un suo particolare aspetto, hanno però solitamente un enorme punto debole: se i due piani del mondo sono separati ed opposti come è possibile che vi siano relazioni e scambi tra i due? Come è possibile, riprendendo l’esempio di Cartesio, che la mente agisca sul corpo e viceversa? Tutte le concezioni dualistiche ontologiche devono individuare anche un terzo elemento, escluso dalla comprensione del mondo, che permetta lo scambio: questo terzo elemento è solitamente l’intervento divino. La necessità di un elemento inspiegabile per spiegare come funziona un mondo dualistico è la principale causa del progressivo abbandono di questa prospettiva durante l’era moderna e contemporanea. La scienza moderna, con la sua promessa di una spiegazione totale del mondo, rigetta a priori la visione dualistica proprio perché sarebbe costretta ad inserire un qualche elemento di principio inspiegabile. Per questo motivo il dualismo applicato al mondo reale e concreto non ha più molta presa sulle menti umane, ma viene spesso applicato ad ambiti ridotti: l’aggettivo “epistemico” presente nel titolo serve a denominare uno di questi. La parola rimanda infatti alla sfera della conoscenza e di tutto ciò che vi è correlato (ἐπιστήμη in greco significa appunto “conoscenza certa”). Un dualismo epistemico è dunque una concezione del sapere umano in cui vi sono due princìpi opposti tra di loro: nell’epoca contemporanea si tratta dello scontro tra scientificità e irrazionale. Un dualismo epistemico comporta, in quanto dualismo, che i fenomeni del mondo vengano spiegati in base a uno dei due princìpi, sottraendoli al potere esplicativo dell’altro oppure negando la validità stessa del principio opposto. La scelta di uno dei due princìpi è spesso arbitraria e le motivazioni di questa scelta si riassumono spesso in un infantile “è migliore la mia spiegazione perché la tua non riesce a dare conto di questo aspetto x”. È chiaro che con queste premesse si crea una netta separazione tra coloro che prediligono la scientificità e coloro che invece scelgono l’irrazionale; una separazione che, per le peculiarità di questo dualismo, risulta impossibile da sanare, alimentando una sempre crescente incomunicabilità tra le due parti. Bisogna cercare di capire come sia nata questa prospettiva, quali siano i suoi effetti e se effettivamente sia il miglior modo che possediamo per tenere in ordine i modi della nostra conoscenza: questo cercherà di fare il seguente articolo.
Effetti e origine del dualismo
Partiamo dal vedere cosa comporta effettivamente nel mondo reale questa prospettiva di dualismo epistemico: l’opposizione tra scienza e irrazionale porta innanzitutto alla diffusione e alla proliferazione di pratiche irrazionali da contrapporre a tutto ciò che è invece scientifico. Si potrebbe stilare un lungo elenco di esempi, tra cui la credenza negli oroscopi, nelle pratiche magiche come la taumaturgia o il mesmerismo, nel soprannaturale e nel paranormale, fino ad arrivare ai diversi gradi di complottismo. Tutte queste credenze vengono contrapposte alla “visione ufficiale” scientifica e proposte come l’unica possibile alternativa. Il problema di queste pratiche non consiste nell’affermare la validità di esse ma piuttosto nel contrapporle così nettamente alla scienza da negare validità a ciò che è considerato sapere scientifico. I danni che derivano da questo atteggiamento sono davanti agli occhi di tutti: guardiamo ad esempio alla discussione contemporanea relativa ai vaccini, nella quale si nega l’evidente efficacia di questi tramite dati scientifici e statistici stravolti se non inventati di sana pianta. L’idea che la scienza vera non sia quella che “Loro” ci propinano per i loro oscuri interessi sta alla base di moltissime teorie paradossali e irragionevoli a proposito dei vaccini, dell’influenza degli astri nella nostra vita quotidiana o della forma della Terra. Le persone che ritengono queste descrizioni veritiere e contrapposte alle descrizioni scientifiche sono spesso completamente irragionevoli e impermeabili ad argomentazioni razionali contrarie alle loro posizioni.
Tutto si basa sulla sfiducia nell’efficacia esplicativa del metodo razionale incarnato dalla scienza la quale deriva dalla mancata spiegazione riguardo ad alcuni fenomeni da parte delle discipline scientifiche “ufficiali”. La mancanza della spiegazione o addirittura l’impossibilità di essa porta infatti molti a pensare che il metodo scientifico razionale non sia esaustivo e dunque a rivolgersi ad altri metodi, spesso opposti e contrastanti. I mancati risultati della scienza su alcuni temi sono perlopiù dovuti al mancato interesse a risolvere quel problema particolare oppure alla complessità del problema, che poco si adatta alle specifiche del metodo scientifico; nel secondo caso bisognerà considerare se la difficoltà sia allora da imputare al problema in sé oppure al metodo scientifico. Uno dei tanti esempi di problemi insolubili è l’hard problem per eccellenza ovvero quello che riguarda la coscienza e il rapporto tra la mente e il corpo: la mente-cosciente è parte del corpo o è separata da esso? Segue le stesse regole oppure no? Ha potere sul corpo o la volontà è solo una illusione? A tutte queste domande non esiste una risposta scientifica che sia più attendibile di altre non scientifiche e questo porta a ritenere “tradita” la promessa di spiegazione che la scienza ci ha fatto.
Mantenere questo dualismo è corretto?
Abbiamo detto che quando pensiamo alla conoscenza che abbiamo delle cose e al modo in cui possiamo ottenerla pensiamo ad un dualismo tra scienza e irrazionale, dove il primo elemento è considerato utile al raggiungimento della conoscenza e il secondo invece inutile o dannoso. A pensarci meglio però questo dualismo sembra però configurarsi immediatamente come scienza versus non-scienza e questo diventa problematico, perché elimina dal piano della conoscenza moltissimi elementi che non ricadono in nessuno dei due campi (oppure vi ricadono ma perdendo molto del loro significato). Il dualismo vero e proprio dovrebbe essere tra razionale e irrazionale ma progressivamente, dati i numerosissimi successi della scienza, si è identificato il razionale con le sole scienze positive, eliminando dal piano epistemico molti altri metodi razionali. Questa identificazione è impropria e porta all’impossibilità di comunicare tra scienziati e tutti coloro che non si occupano di scienza, pur facendo ricerca, dato che si ritengono a priori le loro conoscenze irrazionali e dunque, per via della prospettiva dualistica, poste su di un piano totalmente diverso da quello scientifico-razionale. La scienza è parte di ciò che è razionale ma non è tutto ciò che è razionale: il razionale è un insieme molto ampio di cui il metodo scientifico è solo una minima parte. Se guardiamo semplicemente ai molti modi in cui gli uomini da sempre rispondono alle proprie domande e cerchiamo di inserire questi nel dualismo epistemico che abbiamo evidenziato, ci accorgeremo di come si tratti di una prospettiva estremamente povera e imprecisa per rendere conto di un argomento così complesso. Pensiamo ad esempio a tutto ciò che viene considerato religioso e proviamo a mettere sullo stesso piano credenze spirituali e le credenze irrazionali descritte qui sopra. Sebbene vi possano essere diversi punti in comune e nelle opere divulgative di alcuni scienziati (Richard Dawkins e i suoi interventi sulla religione sono un ottimo esempio) vengano equiparate, vi è qualcosa di diverso tra la fede religiosa o spiritualità orientale e l’affermare che la terra sia piatta e che questo ci venga nascosto dalla lobby dei geografi. Una differenza si trova perlomeno nell’uso dei dati che le diverse “teorie” (parola usata qui nel senso più generale possibile) fanno: nel caso delle credenze irrazionali non-scientifiche i dati vengono ignorati o stravolti, mentre nel caso delle credenze spirituali si ritiene che i dati a disposizione non riescano a cogliere la realtà che si sta trattando, ponendo dunque la questione su di un livello più profondo.
In un dualismo epistemico che ritiene efficace solo il metodo scientifico e non tutto il resto, perde significato e importanza non solo ciò che non è prettamente razionale ma anche ciò che è razionale e non scientifico, magari precedente la scienza. La filosofia ne è un esempio perfetto: si tratta sempre di un metodo razionale, che procede per argomentazioni, con l’esplicito obiettivo di conoscere. Tentando un rapido (e sicuramente non esaustivo) confronto tra scienza e filosofia, dobbiamo riconoscere che la filosofia pone la sua attenzione su temi e argomenti molto più ampi rispetto ai campi di indagine su cui opera la scienza. Un filosofo può infatti occuparsi di morale, di metafisica, di epistemologia, di logica e di molto altro che la scienza non considera o a cui non si interessa, ritenendo (giustamente) che esuli dal proprio campo di competenza. Nonostante non si abbia a che fare con dati, strumenti e oggetti fisici, la filosofia procede con un metodo perfettamente razionale, cercando di non prendere posizioni arbitrarie e costruendo un discorso ben argomentato e comprensibile a tutti coloro che si impegnano nel comprenderlo, esattamente come una teoria scientifica. Andando un po’ più a fondo nel discorso ci accorgiamo anche che lo stesso metodo scientifico è fondato sulla riflessione filosofica che conferisce ad esso la razionalità che a sua volta garantisce la validità dei risultati ottenuti. Se dunque prendiamo per assunto che conoscere in modo razionale sia utile, allora la filosofia, metodo razionale che è diretto verso un numero di argomenti molto maggiore rispetto a quello a cui si rivolge la scienza, deve per forza essere considerata importante nell’ambito dei nostri processi conoscitivi. Tornando alla prospettiva dualistica da cui siamo partiti, è facile vedere come lo status della filosofia non si rispecchi nella percezione epistemologica generalmente diffusa. Il dualismo scienza versus non-scienza ci costringe a gettare la filosofia insieme a tutto ciò che non è scienza e dunque a ritenerla una conoscenza inutile o dannosa, intrisa di misticismo e irrazionalità, mentre questo non è assolutamente vero. La maggiore ampiezza di visuale che ci offre la filosofia pur mantenendo un metodo razionale deve necessariamente spingerci ad una rivalutazione del suo ruolo all’interno del nostro percorso di studio del Mondo. Se infatti abbiamo riconosciuto l’origine del proliferare di pratiche e credenze realmente irrazionali e dannose nella mancata risoluzione scientifica ad alcuni problemi, la maggiore versatilità della filosofia può certamente cimentarsi efficacemente in questi temi, contribuendo a limitare la sfiducia nella razionalità, ma solamente quando essa non venga univocamente identificata con la scienza.
Conclusioni
Il dualismo epistemico del mondo contemporaneo deve dunque essere modificato in una contrapposizione tra metodi di conoscenza razionali e metodi di conoscenza irrazionali, riponendo ovviamente le nostre preferenze nella razionalità nel caso in cui si sia interessati a conoscere il Mondo. Punto di partenza di questo processo è sicuramente riconoscere che l’esclusiva identificazione “scienza=razionalità” è fortemente fuorviante ed è la prima causa della diffusione di una prospettiva che elimini a priori tutto ciò che non è scienza, etichettandolo come inutile. In secondo luogo, è necessario comprendere che esistono altri metodi di conoscenza razionali utili ed efficaci ma diversi dalle scienze matematiche e che, di conseguenza, si possa avere conoscenza razionale di campi che esulano dal mondo fisico, come la morale o la politica. Una volta compreso questo, riusciremo a recuperare dignità epistemologica ad un vastissimo mondo di conoscenze che risulteranno senza dubbio utili nel presente e futuro sviluppo dell’umanità. Al contrario, il mantenimento e l’ulteriore rafforzamento di una prospettiva dualistica che ritenga inutile e irrazionale ciò che in realtà non lo è, mettendo così questi metodi a tacere, può solo portare ad ulteriori problemi e alla recrudescenza dell’irrazionalità e dell’ignoranza già dilaganti: difatti, come già fu detto, il sonno della ragione genera mostri.
Immagine di copertina ad opera di Riccardo Grazio