Uno.
Faceva freddo.
Due.
Il suo respiro affannoso si condensava in nuvolette di cristallo, poco al di fuori della bocca.
Tre. Quattro.
Il rumore dei passi cadenzati rompeva il gelo della notte. L’arancio smorto dei lampioni illuminava le pallide case di un colorito slavato.
Non vi prestò attenzione mentre, imperterrito, percorreva il secco selciato. Cinque, sei. Lo schiocco ritmico delle suole sulla fredda pietra sibilava come una frusta che squarcia l’eterno del silenzio. Sette, otto, nove. I pensieri si mescolavano alla sottile coltre di ansia che attanagliava il suo petto.
Accelerò il passo.
Dieci undici dodici.
Contare i propri passi era utile. Distoglieva l’attenzione da quel funereo luogo notturno. Il gorgogliare del fiume, a pochi metri da lui, sembrava il rantolo di una creatura morente.
Tredici quattordici quindici sedici diciassette.
Si sentiva a disagio. Si guardava continuamente le spalle, per scrollarsi di dosso la sensazione di essere osservato. Le case stesse sembravano voler scrutare nel suo animo, con le loro finestre buie a foggia di tetro e muto sguardo: orbite vuote, come quelle di un cranio.
Rabbrividì.
borbottò seccamente, scrollando il capo canuto, come se volesse scacciare via un noioso ed insistente insetto. Aveva altro a cui pensare, tentava di ripetersi, mentre, sottile e fredda come una mano defunta, la stretta di angoscia rinnovava la sua presa. Il lavoro la casa gli affetti. Per un momento quel piccolo lume stette ritto contro il freddo funereo della notte, per poi finirne, però, inevitabilmente soffocato.
Rabbrividì. Di nuovo.
Che cosa ci faceva lì? Stette a pensarci per un lungo attimo, mentre i suoi passi si susseguivano ritmici sulla roccia lavorata. Non lo sapeva.
Non lo sapeva più. Sapeva solo che doveva camminare. Andare.
Ma dove?
Il gelo notturno ormai era sceso fin nel midollo.
Non lo sapeva. Nemmeno questo. Gli schiocchi aspri delle suole si susseguivano sempre più rapidi. I passi. I passi. Loro l’avrebbero aiutato. Contare, contarli, perché?
Non lo sapeva.
Ma sapeva che l’avrebbero aiutato a tornare a casa. Casa. Dov’era la sua casa? Smarrito, si rispose.
Che non lo sapeva.
Ma loro. Loro erano lì. Certi. Rapidi. Martellanti. Cercò di riprendere il filo dei pensieri. Il filo. Non. Non. Quale? Quali pensieri? Ah sì! I passi! Ma quanti ne aveva già fatti?
Non lo sapeva. Non lo sapeva più.
La sua figura, ora lentamente, veniva abbracciata dalla fredda morte notturna.
Chi era? Chi? Era stato? Famiglia. Che bel suono, quella parola. Lui l’aveva, una famiglia? Gli sembrava. Ma non lo ricordava. Non più.
Si ritrovò il viso rigato da lacrime amare.
Loro. Loro l’avrebbero aiutato, guidato. Cercò di ricomporsi. La notte sarebbe stata ancora lunga. Labbra tremanti sopracciglia corrucciate sudore freddo. Lo stesso freddo che stendeva le sue gelide braccia su di lui. Lo sarebbe stata? Ancora lunga?
Non lo sapeva. Non. Non lo sapeva. Più.
I passi. Loro. L’avrebbero aiutato. Fatto uscire da lì. Prese fiato, mentre il suo spirito si frantumava come le scaglie di vetro di uno specchio esploso.
Loro. Loro l’avrebbero aiutato. Guidato. Salvato.
Uno.