Nel libro “Il mondo come Volontà e rappresentazione(1), Schopenhauer spiega come la mente umana sia sostanzialmente popolata da concetti (2) (rappresentazioni degli oggetti, categorie) e il ragionamento è solamente lo scorrere di tali concetti legati attraverso la sovrapposizione di proprietà in comune. Lo scorrere dei concetti è spiegato con i diagrammi di Eulero (oggi più comunemente conosciuti come diagrammi di Venn. Non sono né più e né meno quelli che abbiamo imparato a scuola come insiemistica).
Supponiamo ci si chieda: “Aristotele è mortale?”
Nella nostra mente abbiamo il concetto di “Mortale” ed “Immortale”.
Abbiamo il Concetto di “Uomo”.
Abbiamo il Concetto di “Aristotele”.
Possiamo dire che Il concetto di mortale include completamente il concetto di uomo (non esistono uomini immortali) che include completamente il concetto di Aristotele (Aristotele è un uomo, visto che fa parte della razza umana). Il nostro esempio è un esempio particolare chiamato sillogismo deduttivo (3), rappresentato dai diagrammi come inclusione totale.

Di fatto, nello scorrere di un ragionamento, un concetto iniziale richiama un concetto successivo in base alla possibilità di sovrapporsi (anche parzialmente), fino ad arrivare al concetto conclusivo. Questo appena descritto è quello che si chiama ragionare per sfere concettuali.
Per aggiungere qualche informazione, Schopenhauer ci insegna che è possibile affrontare qualsiasi discorso usando queste relazioni di inclusione ed esclusione tra sfere concettuali:

Cosa succederebbe se volessimo rappresentare un’antinomia (4) o un paradosso (5) (6) con questa teoria? Prendiamo uno dei tanti esempi dell’antinomia del mentitore: “questa frase non esiste”. Ci si chiede se questa frase è vera o falsa.
L’antinomia ci chiede di far convergere la frase nel concetto del “Vero” o in quello del “Falso”. Concetti disgiunti (Un concetto vero non può essere falso e viceversa). Si nota subito come questa frase può appartenere contemporaneamente ad entrambi i concetti: è vera perché avendola scritta, esiste. Ma se esiste dobbiamo far fronte al contenuto che ci dice che non esiste e quindi è falsa. (7)
Il motivo per cui l’antinomia non ha via di uscita è perché esistono concetti disgiunti che possono ospitare il concetto particolare dibattuto, auto-referenziandosi. Questo ci fa andare in un “loop” concettuale (tema affrontato successivamente da Russell).

Supponiamo che un uomo non abbia mai visto colori ma solo il bianco e il nero.
Nella sua mente esisterà solo il concetto di “Bianco” e di “Nero”. Cosa succederebbe se un giorno vedesse per la prima volta un oggetto grigio?
Ammettiamo che questo sia un esempio di paradosso: l’oggetto potrebbe finire in entrambi i concetti disgiunti. Il paradosso non è risolvibile perché la sensazione iniziale può essere ricondotta solamente a due categorie differenti e disgiunte e quindi rimaniamo bloccati davanti a questa ambiguità.

I paradossi e le antinomie sono difficili da risolvere ma a mio parere non sempre impossibili. Nel nostro caso particolare, l’uomo dell’esempio sopra, potrebbe effettuare una delle seguenti operazioni:

1) Non si accorge dell’oggetto perché non lo riconosce
2) Si accorge dell’oggetto ma non sa come districarsi
3) Pone l’oggetto sempre nel concetto “nero“
4) Pone l’oggetto sempre nel concetto “bianco”
5) Pone casualmente o comunque senza criterio, l’oggetto in entrambe le categorie

Cosa ci insegna questo semplice esempio?
Mi sento di dire che la teoria sul ragionamento per sfere concettuali presenta alcune criticità:
Schopenhauer ci dice che crede di poter affermare che quando affrontiamo un ragionamento, cataloghiamo l’oggetto del discorso sempre in categorie preimpostate dall’esperienza diretta (sensi: olfatto, vista, udito, tatto, etc..) o astratta (lettura, o comunicazione verbale), e che è evidente che con lo scorrere del discorso, scorrano le categorie ospitanti l’oggetto e per arrivare a conclusione operiamo, di volta in volta, una scelta associativa di categoria.
Io invece, questa continua scelta, la chiamo “giudizio personale”.

In conclusione, arrivo a dire che viviamo in un eterno e continuo paradosso che noi risolviamo nel ragionamento col giudizio e il giudizio è rappresentato, a mio parere, da una di queste cinque modalità descritte (fermo restando i presupposti elencati ad inizio articolo). In pochi si accorgono del paradosso, la maggior parte di noi vive una finta certezza basata sull’esito positivo della propria esperienza. Anche l’intellettuale che, a volte, si accorge del paradosso, non può fare altro che sospendere la valutazione. In realtà, ci sarebbe un modo per risolvere il paradosso: crearne uno più sottile.

6) Riconosce il paradosso, descrive l’oggetto sotto una nuova veste, aggiunge la definizione di una nuova categoria basata sulle nuove proprietà percepite e non colte nelle precedenti: “grigio” (quello che fa, a mio dire, il filosofo)

La definizione del nuovo concetto “grigio” non risolve il problema ma lo rimanda: questo non gli permette ancora di distinguere il grigio chiaro dall’antracite. In definitiva quello che possiamo fare è porre ragionamenti sempre più sottili ma sempre discutibili, in quanto paradossali.

 

Note

  1. Il mondo come volontà e rappresentazione (Die Welt als Wille und Vorstellung, prima edizione 1819), Libro primo: Il mondo come rappresentazione
  2. Schopenhauer definisce il termine concetto come la relazione alla causa della conoscenza.
  3. Sillogismo, dal greco “collegamento di idee” è una delle forme logiche basilari della ragione, teorizzata da Aristotele. In questo articolo si fa riferimento alla suddivisione tra sillogismo deduttivo ed induttivo. Il primo è strettamente logico e sempre verificabile: si parte da una condizione generale per cercare al suo interno una più particolare che, se presente, è verificata in modo necessario e sufficiente. In quello induttivo si parte da una condizione particolare per enunciare una legge più generica. Questa legge risulterà sempre necessaria ma non sempre sufficiente: esempio di non sufficienza: “(Gli immortali non mangiano l’erba; Aristotele non mangia l’erba) -> Aristotele è immortale”.
  4. Antinomia, dal greco “contro legge”, ossia la soluzione valida contraddice l’enunciato.
  5. Paradosso, dal greco “contro opinione” ossia in contraddizione con l’opinione comune.
  6. Esiste un’altra forma di contraddizione logica, l’aporia (dal greco “strada senza uscita”). Si ha quando l’enunciato implica una condizione contraddicente. Famosa è l’aporia di Anassagora e Democrito. Il primo sosteneva che la materia era infinitamente divisibile. Democrito dimostra che non è vero l’enunciato perché dividendo un pezzo di materia infinite volte, la somma degli infiniti pezzetti è un pezzo lungo infinito e non il pezzo da cui siamo partiti.
  7. L’Antinomia del mentitore (conosciuta anche, impropriamente, come paradosso), formulata da Epimenide nel 600 a. c., trova una soluzione nel 1944 ad opera del filosofo Alfred Tarski che distingue il linguaggio della frase dal metalinguaggio che lo descrive. Questo argomento è ben trattato da Piergiorgio Odifreddi nei corsi di “logica matematica” messi a disposizione, in formato video, da Uninettuno.
  8. Immagine di Copertina: Mani che disegnano, M. C. Escher, 1948.