Jesse è un diamante. Una ragazza giovane e pura, ma al contempo tremendamente bella, che decide di buttarsi sul mondo della moda, consapevole ben presto di possedere la chiave di volta per poter ottenere quello che vuole. Si trasferisce quindi a Los Angeles, dove la sua bellezza naturale colpisce subito tanto Dean, giovane fotografo che prova ad approcciarsi a lei, quanto Sarah, Gigi e Ruby, tre ragazze più anziane di lei e già avviate a vario titolo nella carriera modaiola losangelina. Da questi ultimi personaggi Jesse capisce subito che il clima nel suo nuovo mondo non conoscerà distensioni: la sua bellezza è vista come un pericolo, come una concorrenza spietata, tanto dal punto di vista lavorativo quanto da quello del rapporto con l’altro sesso (per il quale, tuttavia, Jesse non sembra nutrire particolare interesse, quasi come se fosse un ente divino la cui esistenza si esaurisce nel dispensare la propria bellezza al mondo).
Jesse non diventerà mai come loro. La sua innocenza verrà tuttavia consumata dall’ambiente lavorativo: la ragazza si rende conto sempre più del suo potenziale e si erge sul piedistallo che le spetta, suscitando come mai prima d’ora l’invidia delle colleghe. Il passaggio finale della trasformazione di Jesse è sancito da una visione quanto mai emblematica: durante una sfilata Jesse si trova faccia a faccia con una strana entità triangolare luminosa (forse il demone al neon a cui allude il titolo) una reminiscenza kubrickiana all’interno della quale vede se stessa che si riflette negli specchi che compongono l’entità e si bacia appassionatamente. Una visione che rimanda al mito di Narciso e che segna infatti la svolta narcisistica del personaggio di Jesse, così come il monolito di 2001 segnava il passaggio di tipo cognitivo da uno stadio all’altro dell’evoluzione umana. Subito dopo questa trasformazione assistiamo a quello che è il dialogo più significativo dell’intero film:
Sarno: Senza bellezza non abbiamo nulla!
Dean: Secondo me ti sbagli.
Sarno: Tu sei uno di quelli che pensa che sia quello che abbiamo dentro a contare?
Dean: Sì, secondo me è così.
Sarno: E io invece sostengo che se lei non fosse stata bella non l’avresti nemmeno guardata. La bellezza non è tutto… è l’unica cosa!
Un dialogo che segna la rottura tra Dean e Jesse, che si rivela del tutto insensibile e continuerà ad esserlo anche con le colleghe, persino con Ruby, l’unica che sembrava non odiarla in quanto parzialmente esterna (di lavoro fa la truccatrice, quindi sta dietro alle quinte) ma che si rivela essere interessata a Jesse solo dal punto di vista sessuale. Il suo rifiuto e la sua crescente deriva narcisista porterà al senechiano epilogo a base di cannibalismo e surrealismo di vario tipo, che lasciamo al lettore il (dis)gusto di scoprire in tutti i suoi più perversi dettagli.
The Neon Demon, film del 2016 del famigerato Nicholas Winding Refn, diventato celebre per film come Drive e Solo Dio Perdona, è una pellicola sul ruolo della bellezza nella società, sui livelli di feticismo di cui tale qualità è oggetto, sulla sua potenza e sui suoi pericoli. Il demone al neon (ma anche il “nuovo” demone, quello della nostra società contemporanea basata sulle apparenze e sulla superficialità) è il demone della bellezza e del narcisismo che può contaminarla, è il demone che prende qualcosa di puro e di, appunto, bello per definizione, e lo rende forse non meno bello, ma distruttivo per gli altri e per sé. Un demone che per alcuni è una benedizione, ma di quelle che non può essere assimilata senza autodistruggersi (le colleghe che vogliono essere come Jesse si distruggono con il ricorso continuo alla chirurgia, così come col cannibalismo che finisce per sfaldarle dall’interno anziché donare loro il potere che speravano di assimilare). E tuttavia la bellezza è l’unica cosa, e se non nasci con essa non sei nessuno, hai perso in partenza, «non hai nulla».
Il fatto interessante è che The Neon Demon ci comunica tutto questo non tanto attraverso le parole, né in realtà attraverso lo scorrere delle immagini, bensì mediante la loro forma, anzi, ancora una volta, la loro bellezza appunto. Questo film è uno dei più potenti mai realizzati a livello estetico e fotografico, la ricerca dietro a ogni singola inquadratura è maniacale e le tematiche di cui sopra sono immerse in un’atmosfera ora lisergica e ora metafisica capace di regalare agli increduli occhi dello spettatore una meraviglia tale da mettere quasi in ombra la tematizzata bellezza di Elle Fanning, che interpreta magistralmente Jesse. Ed è proprio questa bellezza che cela una (chiaramente voluta) dimensione contenutistica piuttosto scarna. Si tratta di uno di quei film di cui tipicamente si potrebbe sentir dire che “non dicono nulla”, che “non vanno da nessuna parte”, una specie di storiella fine a se stessa, ovvero a condurci allo stomachevole finale. Ma Sarno, il fashion designer, ce l’ha detto: quello che c’è dentro non importa, l’importante è solo la bellezza. Ed ecco allora che il film, incarnando perfettamente questa realtà, rende contenuto la sua stessa forma, ci lascia forse poco nel cuore e nella mente, ma moltissimo negli occhi, così tanto da farci infatuare e convincerci di provare qualcosa. Diventa ciò di cui parla, parla di ciò che è, è ciò che mostra, in una dimensione metacinematografica di straordinario interesse.
Il fascino di questo film è simile a quello che potremmo provare incrociando una persona dall’aspetto straordinariamente attraente. Probabilmente non è esente da difetti, difficilmente è una persona di cui potremmo innamorarci per desiderare di passare l’intera esistenza insieme… ma non riusciamo a toglierle gli occhi di dosso, vorremmo poterla vedere ancora quando se ne va, e non possiamo smettere di desiderarla se ci ripensiamo… nella sua mera e semplice esteriorità, manifestazione del demone moderno al neon come lo è questo film stesso.