Negli ultimi mesi, diverse critiche sono state indirizzate da parte della stampa e di molti partiti politici ai danni dei due partiti usciti “vincitori” dalle elezioni politiche del 4 marzo 2018. Le critiche colpivano non soltanto i contenuti dei loro programmi ma anche e soprattutto le procedure usate da questi partiti per accordarsi e fare un governo. La critica veniva dunque rivolta soprattutto alla forma della politica di Lega e Movimento 5 Stelle, oltre che ai loro contenuti. La stampa liberale, moderata e generalmente legata alla politica tradizionale, insieme a tutti i partiti usciti “sconfitti” dalle urne, si è detta indignata in particolar modo dal comportamento del Movimento 5 Stelle. Ma come? – si chiedevano e si chiedono – Prima sputano in faccia ai partiti tradizionali e ora vogliono il loro aiuto per fare il governo? Ci dicono che tutti i partiti sono uguali e che possono accordarsi tanto con la Lega quanto con il Partito Democratico? I partiti con cui vorrebbero allearsi poi hanno programmi molto diversi: che cosa ne sarà del programma del Movimento allora? Dovranno modificarlo certamente in un senso o in un altro, a seconda dell’alleato di governo: ma allora dove finisce la coerenza del partito?
Tutti questi dubbi preliminari si sono trasformati in critiche a quella che i pentastellati hanno individuato come soluzione, ovvero il contratto di governo e il continuo confronto con i propri elettori per stabilire una strategia. Cos’è un “contratto di governo”? – hanno cominciato a dire – Non si fa politica così: l’autonomia delle proprie decisioni nei confronti del proprio elettorato è una forma di maturità politica e una prova di fiducia da parte degli elettori!
Lasciamo da parte gli strepiti di tutti coloro che, illusisi il 3 marzo, hanno visto la loro paura più concreta farsi realtà due giorni dopo e disinteressiamoci delle polemiche sui contenuti dell’agenda del nuovo governo o di quelle relative alla legittimità degli interventi del Presidente della Repubblica. Concentriamoci piuttosto sull’analisi di queste forme e procedure utilizzate dal Movimento 5 Stelle e cerchiamo di capire se si tratti davvero di un modo infantile e sciocco di fare politica oppure se possa essere giustificato da tratti profondi della politica che sfuggono alla nostra beneamata intelligencija.
La caratteristica principale del Movimento 5 Stelle, reclamata a gran voce dai suoi stessi esponenti, è quella di “non essere né di destra né di sinistra”, o meglio di non incarnare alcuna ideologia politica, a differenza dei partiti tradizionali. Da questo aspetto fondamentale, che rende davvero il Movimento 5 Stelle un partito diverso dagli altri, derivano quei modi di comportarsi che vengono tanto criticati. Ma che cosa è una ideologia politica? Di che cosa esattamente il Movimento 5 Stelle rivendica fieramente l’assenza?
Una ideologia politica è un sistema di valori e di idee coordinati tra loro e coerenti con un principio guida generale, ossia un valore principe che sia il fondamento di una società ideale da realizzare nel futuro. Storicamente, le due ideologie politiche che si sono contrapposte nella seconda metà del Novecento sono state il liberalismo, che ha come principio guida la “libertà individuale” e il comunismo, che invece segue come principio “l’uguaglianza sostanziale”. In generale, il sistema di idee e valori che costituisce una ideologia deve quindi incarnare uno strumento da un duplice fine, interpretativo e motivazionale. L’ideologia deve infatti permettere di interpretare gli eventi (passati, presenti e futuri) in senso progressivo, ovvero tenendo conto di quanto questi avvicinino o allontanino la realizzazione della società ideale. L’interpretazione degli eventi comprende anche una valutazione morale: sono infatti giudicati “buoni e giusti” quegli eventi che avvicinano la società ideale e “cattivi e sbagliati” quelli che la allontano. Bisogna tenere conto inoltre che questa interpretazione ha un carattere universale: l’intera storia umana, con tutte le singole azioni, decisioni e intenzioni di ogni individuo, può e deve essere interpretata tramite l’ideologia. Inoltre, l’universalità dell’interpretazione supera la distinzione tra l’azione privata e l’azione politica: non soltanto le strategie politiche vengono giudicate giuste o sbagliate in virtù del principio guida e di del sistema di valori di riferimento, ma anche le azioni private sono giudicate in tal senso.
Il secondo aspetto importante da sottolineare è quello motivazionale: perché si parli di una ideologia, questa deve prospettare un fine da raggiungere e suggerire e motivare le decisioni di chi, aderendo all’ideologia, vuole raggiungere quella società ideale. L’ideologia fa quindi da guida nelle decisioni particolari, nelle scelte contingenti e nelle strategie da adottare, tanto dal punto di vista politico quanto dal punto di vista privato, ricalcando il carattere universale sopra descritto. Di fronte ad una qualsiasi scelta, chi crede in una ideologia avrà da porsi in primo luogo una domanda “quale mia decisione porterà più vicina la società ideale e rispetterà il principio guida in cui credo?”. Dopodiché, la decisione presa verrà attuata con l’intento di far progredire, anche in piccolo, la società e di essere coerenti con la propria ideologia, che in questo modo pone le fondamenta di un senso morale ben definito, imperniato sui valori propri dell’ideologia. Inoltre, una ideologia permette, grazie al fatto di essere uno strumento per interpretare il corso degli eventi e di porsi un fine ultimo nel futuro, di stabilire strategie politiche di largo respiro e di lunga durata.
È anche da sottolineare come una ideologia fornisca un importante collante politico, che agisce tanto tra elettori e partito quanto tra le singole idee e decisioni contingenti del partito. Ogni riflessione, decisione, idea e valutazione da parte di coloro che sostengono una ideologia sarà infatti coordinata e coerente nel tempo, poiché inserita in un sistema dalla portata universale. Un partito che incarni una ideologia infatti non progetta soltanto strategie a lungo termine ma è anche in grado di elaborare soluzioni particolari e contingenti in seguito ad eventi inaspettati. Queste soluzioni contingenti saranno considerate valide non soltanto in base agli effettivi risultati ma anche in base alla fedeltà con cui esse interpretino il principio guida. In questo modo l’ideologia fa da tramite e da punto di contatto tra il partito e gli elettori: io elettore credo nell’ideologia x e dunque voto il partito che a mia opinione meglio interpreta quella ideologia, perché consapevole che, di fronte ad una scelta, il partito deciderà rispettando l’ideologia x e quindi io sarò d’accordo con la loro scelta. Finché la politica è composta da ideologie, tutti i programmi e le idee non verranno valutati per quello che sono ma per il fatto che rispettino o meno una ideologia. Su questo punto torna a farsi sentire anche l’importanza di una ideologia per quanto riguarda i giudizi morali: chi crede in una ideologia e deve scegliere come agire, sa che ci sono delle strade che non si possono intraprendere perché sbagliate a prescindere, in quanto contrarie al principio guida di riferimento.
Tornando al Movimento 5 Stelle, è chiaro come la mancanza di una ideologia sia la principale responsabile del comportamento che hanno tenuto in questi mesi di preparazione al governo. Il fatto che abbiano dovuto confrontarsi in maniera diretta con i propri elettori per sapere se le idee che stavano proponendo fossero loro gradite è dovuto non tanto ad una immaturità politica (a meno che con questo termine non si intenda la mancanza di ideologie) ma piuttosto al fatto di non avere un principio guida condiviso con gli elettori. Le singole strategie politiche genericamente non vengono lasciate approvare dalla base di un partito, ma questo avviene solo perché il partito sa già in che ambiti muoversi, ricavandoli dalla propria ideologia: non avendone una, il Movimento non saprebbe come fare se non chiedesse ai propri elettori. Il programma del Movimento 5 Stelle non ha poi bisogno di essere coerente, poiché si compone esclusivamente di idee particolari e contingenti, che non vengono connesse tra di loro da una ideologia. I pentastellati possono quindi modificare il proprio programma quando fa loro più comodo, poiché non hanno un valore fondamentale a cui accordare tutte le idee. Inoltre, il Movimento 5 Stelle ha la possibilità di allearsi con qualsiasi altro partito che gli faccia comodo: non avendo una ideologia ed essendo votato da elettori che non credono in una ideologia, non esistono più ostilità naturali tra Movimento e altri partiti. Il fatto di giocare la politica sulle idee piuttosto che sulle ideologie cancella infatti tutte quelle forme di opposizione per principio che sono proprie della politica del secondo Novecento: queste contrapposizioni sono infatti parte integrante del senso morale prodotto dalle ideologie. Se si è infatti convinti di essere nel giusto a proporre come principio cardine un certo valore, non ci si potrà mai accordare con chi sostiene una visione della società in cui il proprio valore principe è assente. Una volta tolte le ideologie però, le ostilità deriveranno semplicemente dal disaccordo nel confronto di quelle idee particolari che il Movimento e gli altri partiti propongono; ma, trattandosi appunto di idee particolari, sono ostilità facilmente superabili, una volta cambiate le strategie contingenti.
Una volta compreso questo, non vengono sicuramente meno le critiche fatte al Movimento 5 Stelle (almeno quelle nei confronti dei contenuti sono ancora legittimate) e rimangono comunque molte questioni aperte. In primo luogo, viene naturale chiedersi se il processo di de-ideologizzazione della vita politica sia anche un progresso: al momento scegliamo però di astenerci dall’argomentare una valutazione, positiva o negativa che sia, di questo punto. In secondo luogo, sarebbe interessante capire per quale motivo il Movimento 5 Stelle ha coscientemente deciso di non incarnare alcuna ideologia. A questo proposito bisogna ricordare come la scelta dell’assenza di ideologie derivi da una profonda sfiducia dei pentastellati nei partiti tradizionali, che vengono concepiti come legati alle ideologie. Questa sfiducia deriva, oltre dall’accusa di una cattiva gestione dell’Italia, dall’impressione che siano partiti ancora legati ad un passato ormai scomparso, dato che è credenza generale all’interno del Movimento 5 Stelle che le ideologie siano morte. La morte dell’ideologia e il conseguente avvento della politica ideologica, di cui il Movimento si fa coscientemente araldo, è un tema che sarebbe molto interessante approfondire. Infatti, dalla “morte dell’ideologia” si aprono molte altre questioni: è proprio vero che le ideologie sono morte? Come è avvenuto ciò? Chi le ha uccise? Forse sono morte le vecchie ideologie, ma se ne fossero nate di nuove? A queste domande, cruciali per la comprensione profonda di quanto accade sulla scena politica italiana e mondiale, si cercherà di rispondere con un prossimo articolo.