Il 5 novembre, presso la sede di via Festa del Perdono 7 dell’Università Statale di Milano, ha aperto il primo Museo della Filosofia in Italia (e forse nel mondo). All’inaugurazione abbiamo partecipato anche noi e abbiamo pensato di usare lo spazio dedicato all’articolo del mese di novembre per raccontare questa esperienza. Ma prima, un po’ di informazioni utili: il Museo ha aperto il 5 novembre e chiuderà il 22 novembre, escludendo i sabati e le domeniche (tranne sabato 16, in concomitanza con Bookcity Milano). Tutti i giorni di apertura il Museo avrà come orario 9.00-13.30 e 14.00-19.00, tranne il mercoledì, quando l’apertura si protrarrà fino alle 21.30; gli orari mattutini saranno però dedicati in maniera esclusiva alle visite guidate per le scuole. L’ingresso è completamente libero, gratuito ed aperto a tutti, che abbiano interessi filosofici e non. Per ulteriori informazioni e contatti vi rimandiamo al sito web del Museo: http://www.filosofia.unimi.it/museodellafilosofia/.

Una volta fornite le informazioni pratiche, passiamo al contenuto. Prima di tutto è necessario mettere in chiaro che non si stia parlando di un vero e proprio museo, e questo per due motivi. Il primo è molto semplice: il museo è oggi una mostra temporanea, dal titolo Il Museo della Filosofia – Le prime due stanze, che chiuderà i battenti il 22 novembre per sperare di riaprirli in una sede stabile e in forma ampliata. Non per niente ad esso si accompagna la mostra Il museo che verrà (stesso periodo di apertura, presso la Biblioteca del Dipartimento di Filosofia, dal lunedì al giovedì 9.30-16.00, il venerdì 9.30-15.00), che raccoglie le idee e i progetti in divenire con cui riempire la terza, la quarta e le ulteriori stanze del museo futuro. È una mostra temporanea perché di musei della filosofia non ce ne sono mai stati e non si sa bene come verrà e come verrà accolto. È chiaro a tutti coloro che vi hanno partecipato come questo sia un progetto sperimentale, un assaggio di un dolce di cui ancora bisogna scrivere la ricetta definitiva.

In secondo luogo, non si tratta di un vero e proprio museo nemmeno per i contenuti che offre. L’idea del museo che abbiamo tutti è quella classica di una sequenza di corridoi e stanze pieni di teche in cui sono contenuti differenti oggetti, tutti rigorosamente etichettati e descritti, offerti al pubblico curioso di conoscere, ad esempio, su che stoviglie mangiavano gli antichi romani. Il Museo della filosofia non raccoglie oggetti (come potrebbe farlo? Esistono forse “oggetti filosofici”?) né si compone esclusivamente di lunghe spiegazioni sulla storia della filosofia (sarebbe bastato un buon libro, altrimenti). Il Museo della filosofia si ispira invece ai musei della scienza, dove l’esperienza è il punto centrale: non ci vuole mostrare degli oggetti ma ci vuole fare provare quello che si prova ad essere filosofi, a fare filosofia.

L’ingresso del museo è costituito da un grande libro aperto, attraverso le cui pagine passeranno i visitatori, rimarcando sia l’importanza che questo oggetto, il libro, ha per il filosofo, sia ricordandoci l’utilizzo corretto di un libro: non un contenitore di fronte a cui arrestarsi ma un passaggio per interpretare il mondo. Nella prima stanza, il museo propone un’impostazione sistematica della filosofia e non storica: ci offre una descrizione (non una definizione!) di cosa sia la filosofia e di che cosa faccia il filosofo, arricchendo queste sezioni con immagini simboliche ed opere d’arte, tra cui il Monumento alla mela, di Alik Cavaliere. Dopodiché si passa, nella seconda stanza, alla parte pratica: se il lavoro del filosofo è quello di sbrogliare intrecci concettuali, allora il visitatore potrà mettersi alla prova di fronte ad alcune problematiche utilizzando gli strumenti stessi del filosofo. Grazie a diverse stazioni interattive ben elaborate e al lavoro delle guide del museo, ovvero gli studenti dei corsi di laurea in Filosofia e in Scienze Filosofiche, lo spettatore potrà cimentarsi nell’indagine del paradosso della finzione e del paradosso della percezione e verrà coinvolto nella sperimentazione dei problemi legati ai nostri concetti di identità personale. Il visitatore potrà così mettersi nei panni, metaforicamente e non, di quella figura particolare che popola il nostro immaginario collettivo fin dal VI secolo a.C., il filosofo.

Sui contenuti delle prime due stanze del museo, oggetto della mostra, non vogliamo aggiungere altro: non si può parlare di tutto quello che il museo offre, sia per evitare di anticipare troppo sia perché è difficile descrivere un’esperienza come questa, che punta al coinvolgimento diretto del visitatore. Possiamo magari spendere qualche parola in più sul Museo che verrà. Qui vengono raccolti alcuni oggetti simbolici che hanno lasciato un segno nella storia della filosofia, vengono presentati i rapporti che intercorrono tra la filosofia e altre discipline, tra cui la scienza e le arti, e saranno tenute delle brevissime lezioni da alcuni professori del dipartimento (il Quarto d’ora accademico, il cui programma si trova sul sito del museo). Questo servirà a far assaporare quel progetto ambizioso, ancora ad uno stadio infantile, che sarà il museo definitivo, da aprire in pianta stabile qui a Milano. Un museo ad ampio spettro che cerchi di rendere giustizia a tutti i differenti modi in cui si può declinare la filosofia.

Con questo articolo, speriamo di aver invogliato il lettore a recarsi alla mostra, dove potrà apprezzare in un modo semplice e comprensibile a chiunque ma mai banale gli aspetti principali di quella prima forma razionale di ricerca del sapere, che è la filosofia. L’obiettivo del museo è volerci mostrare come le questioni filosofiche si possano incontrare nella vita di tutti i giorni e presentarsi a tutti con lo stesso grado di problematicità. La filosofia è qualcosa che tutti possono fare e il Museo è qui per dirlo ad alta voce e dimostrarlo anche ai più scettici; la scelta di un’impostazione ludica facilita questo compito.

Wittgenstein diceva che un problema filosofico assomiglia ad un sassolino nella scarpa: è fastidioso e lo possiamo avvertire tutti, si può rimettere il piede a posto e continuare a camminare ma prima o poi sarà necessario fermarsi e per guardare bene cosa ci dà fastidio e risolvere il problema. L’esempio è quanto mai calzante, perché ci restituisce un’immagine della filosofia come una disciplina incentrata su piccole asperità quotidiane che si potrebbero tollerare ma che rivelano il loro essere fastidiose e il loro conseguente interesse a chiunque vi si concentri sopra. Noi crediamo che il Museo della Filosofia riesca a restituirci questa sensazione con fedeltà (senza ovviamente infastidirci più di tanto) e possa fare apprezzare a chiunque il valore di una disciplina troppo spesso bistrattata, senza presentarla in maniera altisonante, allontanandola dai più, ma offrendola a chiunque voglia impegnarsi a pensare con attenzione a ciò che incontriamo nella nostra vita di tutti i giorni.